Ford e Dakar. Che sia il preambolo di una serie vittoriosa?
Quando si parla di Ford, l’immaginario collettivo rallystico spinge la propria mente tra gli anni ’70 e primi 2000, con le varie Sierra, Escort e Focus. Un lasso di tempo ben radicato, ma il marchio dall’ovale blu rimane ancora tra noi nei giorni odierni. “Zio Malcolm” con impegno e dedizione ha sempre portato avanti il progetto M-Sport, cercando di dare il massimo seppur non avendo supporto diretto da casa madre. E’ risaputo che le prestazioni al momento non sono delle migliori.
Così alla notizia del debutto alla Dakar di Ford con M-Sport, i dubbi nell’immenso mondo di internet hanno fatto capolino. A capo del progetto c’è il figlio di Malcolm, Matthew Wilson. La Dakar 2024 ha fatto da scuola al team, portando in gara i Ford Ranger preparati da Neil Woolridge Motorsport (famoso e importante preparatore del Sudafrica).
Verso la seconda metà dello stesso anno, piombano le prime immagini del nuovo mezzo: un mostro che fa ben sperare. Anche sotto il cofano. Andando contro tendenza non hanno optato per il down sizing e la sovralimentazione, ma bensì l’esatto contrario; uno scalpitante e urlante 5.0L V8 Coyote di produzione Ford (di cui potete vedere le specifiche qui: FORD RAPTOR V8 DAKAR). Ben lontani da ibridi vari ed elettrificazioni, alla Dakar si è comunque molto attenti all’ambiente utilizzando carburante sintetico, prodotto dall’Aramco.
Presentato il mezzo, sono arrivati anche i piloti. Un parterre degno di nota con Carlos Sainz e Nani Roma. Due veterani, con alle spalle anni e anni di esperienza. Poi due “mezzi-rookie“: Mattias Ekstrom e Mitchell Guthrie. Le carte così sono in regola per poter competere al massimo livello.
I “ma” però sono sempre dietro l’angolo e la Dakar ci insegna che al debutto è molto difficoltoso imprimersi, così come le possibilità di arrivare al traguardo sono molto ridotte. Carlos Sainz parte forte, ma la sabbia lo tradisce subito nella seconda tappa; dopo essersi ribaltato deve abbandonare la corsa. Nani Roma sin dal prologo ha lamentato problemi al motore, con strane perdite di pressione olio. Anche il catalano, dopo poco, deve ritirarsi e proseguire con la formula experience. Fuori due, ne rimangono due. Mattias Ekstrom ha amministrato in modo piacevole e caparbio tutta la gara, senza farsi intimorire da Yazeed Al-Rajhi e Nasser Al-Attiyah. Lo svedese, ex campione di rallycross, oltre a vincere delle tappe ha salvato e consolidato il 3° posto assoluto finale. Non da meno anche Mitchell Guthrie, che in sordina ha saputo studiare gli avversari e con un buon ritmo si è aggiudicato il 5° posto.
Per cui, due vetture in top-5 al debutto. Non male.
“Il potenziale c’è. La vettura è veloce sebbene ingombrante. So di potercela fare. La Dakar sarà mia.” Mattias Ekstrom conclude la gara più dura del mondo in questo modo.
Che dire. Il vociare del V8 tra la sabbia è pura musica. Alla vista un bel mezzo possente. Chissà: primo antagonista di Principe Nasser e Cannibale Loeb anche nel 2026?