Ammettiamolo, il tifoso di Thierry Neuville ne ha subite di cotte e di crude nel corso di questi anni. Tra una birra e l’altra al bar, o almeno in quei pochi dove ancora si parla di rally, sono pronto a scommettere sulla presenza di quell’amico stronzo dalla battuta pronta, che con un sorriso e una pacca sulla spalla esclamava: “Neuville? ahahah, Zero Tituli”
Ehi, sto parlando con te, la sofferenza è finita. Neuville ce l’ha fatta: è Campione del Mondo. E’ tutto vero, quel Zero si è trasformato in Uno Tituli, dopo un inseguimento al vertice durato quasi tre lustri e tanta, tanta pazienza e forza d’animo, sia per il tifoso che per Neuville stesso.
Siamo tutti contenti, ma già leggendo i commenti sui nostri social si è visto come il personaggio Neuville farà sempre discutere. C’è chi lo ama e chi lo odia, non esistono vie di mezzo. C’è chi scrive che abbia vinto affrontando un mondiale da solo, chi lo elogia per aver battuto Ogier e Tanak. Impossibile, come sempre, mettere d’accordo tutti, come quando tempo fa chiedemmo chi era il migliore tra Loeb e Ogier, rischiando una guerra civile.
Allora stasera, con un animo più leggero e parecchie ore di sonno arretrate, vi racconto la mia personale storia al suo fianco, tanto ormai lo sanno anche i muri per chi batte il mio cuore, sportivamente parlando.
Era il 2011, Rallye Sanremo. Mi ricordo ancora il freddo becco che ci accompagnò in quei quasi 800 Km affrontati in giornata per vederci l’IRC, che ai tempi era una grandissima serie privata supportata da realtà del calibro di Eurosport. Una vera e propria palestra prima di passare tra i “grandi” del WRC. Erano gli anni delle S2000 e di un biondo norvegese chiamato Andreas Mikkelsen che faceva la voce grossa ed incetta di titoli (e di gnocca), del Montecarlo fuori dal mondiale con un itinerario da panico, e di una Peugeot 207 S2000 gialla guidata da un tipo belga, che aveva fatto parlare di sé per aver già vinto il Corsica. Fu amore a prima vista.
Giù in picchiata dal Passo Teglia, posizionato in un posto che a ripensarlo ora era quasi da arresto (ah, beata gioventù), vedo sfrecciare questo pazzo, che alla fine quel Sanremo lo vinse anche. Fu una folgorazione, che ho avuto così forte solo qualche anno dopo, nel 2019, la prima volta che ho visto Kalle Rovanpera dal vivo. Ero sicuro avrebbe fatto grandi cose, ignoravo però le tempistiche con le quali sarebbe arrivato al successo.
Ci ho impiegato altri 4 anni prima di rivederlo in azione, e non per colpa mia! Nel 2012 ero a Montecarlo, il primo rally mondiale della mia carriera, ma di Neuville neanche l’ombra. Era già uscito prima che arrivassi in Francia. Ah, che tempi a ripensarci ora: non esisteva il super-rally, se uscivi di strada te ne andavi a casa direttamente.
Ero al “Monte” anche nel 2013, la famosa annata dell’esordio Volkswagen Polo (una, perchè Latvala uscì sul Turini poco prima di dove ero posizionato io), ma anche li, di Neuville nessuna traccia. Male, male, presagi di sofferenze future, o mio errore di valutazione sul suo talento. Una via di mezzo, se ci ripensiamo ora, perchè quel campionato lo chiuse secondo dietro Ogier, grazie allo Zio Malcolm Wilson che se lo prese in casa dopo essere stato gentilmente accompagnato alla porta da Citroen. Bei tempi quelli anche per M-Sport, aveva appena perso l’appoggio ufficiale di Ford ma in grado di schierare fino a 5 Fiesta con i soldi del Qatar; la peggior livrea mai vista su una macchina ufficiale a mia memoria e gusto personale.
Siamo al 2014, Thierry è passato in Hyundai, quella che sarà casa sua per i futuri 10 anni, ma di farsi vedere da me neanche per idea. Ancora Montecarlo, ancora fuori perdendo una ruota. Non vedo neanche Sordo, tradito da un alternatore balordo. Male questa I20 WRC all’esordio, non che in futuro fece faville, ma costò cara anche a me: prima di partire per la Francia, alcuni miei compagni di viaggio rinunciarono alla trasferta proprio perchè non erano rimaste più le nuove Hyundai in gara. Comunque il 2014 prosegue con il primo successo iridato, in Germania, dopo un ruzzolone nello shakedown e grazie a Latvala che decise di demolire ettari di vigne e Meeke che staccò una ruota.
Le nostre vite si incrociano nuovamente nel 2015. Siamo nuovamente in Germania, la bella Germania, una trasferta epica ed il mio primo vero incontro con il team di Rally.it. Nasceranno amicizie e tante storie da raccontare tra una Weiss e una bistecca impanata, come i famosi occhiali rubati a Solans, la scorribanda in un prato a suon di bestemmie per vedere una prova ad un minuto dalla partenza, il Feega: bel periodo per noi, un pò meno per Neuville. L’I20 prima edizione non va, se non per qualche raro exploit come in Svezia mesi prima. E’ il periodo forse più difficile per lui in seno al team per quanto concerne la prestazione pura.
L’anno dopo cambia qualcosa: arriva la NG I20 WRC, quella 5 porte per intenderci. Le prestazioni migliorano, ma il primo a beneficiarne è Paddon, vincente in Argentina. Neuville fatica e dopo uno spento Portogallo viene addirittura relegato nel team B. E’ il punto più basso, ma qui nasce la grande forza di volontà che lo ha contraddistinto fino ad oggi. Lavora, risale, rinasce. Vince in Sardegna, inanella prestazioni e podi convincenti e chiude il mondiale secondo (per la seconda volta). La macchina c’è, l’evoluzione Coupé Plus 2017 fa ben presagire.
Quella vettura è un gioiello, la migliore del lotto, ma fragile così come la mente del nostro belga. Combattere contro Ogier non è mai semplice, peccare di presunzione contro un (ai tempi) quatto volte iridato un grosso errore. Così succede che due sbavature alla fine segnano tutta la stagione. Il Montecarlo viene buttato a Bayons (vincerà Ogier), lo Svezia viene buttato su una prova spettacolo (vincerà Latvala con la nuova Toyota). Coda tra le gambe e lavorare a testa bassa. La cura funziona, arrivano quattro vittorie in stagione, ma una sospensione maledetta lo toglie dalla partita in Germania, da leader del mondiale. Bandiera bianca, terzo secondo posto, anche quest’anno vinceremo l’anno prossimo.
Il 2018 forse va anche peggio, perchè subentra dentro di lui la paura di vincere. L’apice è toccato in Sardegna, quando scippa la vittoria ad Ogier sulla speciale finale per una manciata di decimi. Il vantaggio in classifica è tanto, Neuville prova a gestire ma non ne è ancora in grado. Anzi, permette al binomio Tanak-Toyota, quasi inarrestabile a quei tempi, di tramutare la sfida a due in un triello, che poteva concludersi anche bene se in Turchia avesse deciso di ragionare ed arrivare in fondo anziché provare a segnare i tempi di uno dei più grandi fenomeni della storia dei rally. Altro fossato, altro secondo posto, il quarto.
Nel 2019 Tanak è praticamente ingiocabile, soprattuto dall’estate in avanti. Ogier nulla può su una Citroen C3 WRC in aria di dismissione e neanche Neuville riesce ad arginare lo strapotere dell’estone nonostante una buona prima parte di stagione. La svolta, in negativo, avviene in Cile, uno dei suoi incidenti più spettacolari. Da li in poi i risultati non arrivano ed è costretto, ancora una volta, alla piazza d’onore.
Il 2020 comincia con la vittoria a Montecarlo, la prima della carriera, con annessa e connessa la fuga di alcuni miei compagni di viaggio in Power-Stage per non vederlo vincere: bellissimo! Poi il mondo viene colpito dal Covid in Messico, cambia tutto, compresi gli equilibri. Arrivano due secondi posti in Turchia e Sardegna ma è chiaro come la I20 sia ora un passo indietro rispetto alla Yaris. Il mondiale va ad Ogier, Evans secondo, Neuville quarto.
Il copione si ripete nel 2021, terzo posto dietro al solito Ogier e ad Evans. Le vittorie sono due, quella casalinga in Belgio (c’ero anche io) e quella in Catalunya. E’ la fine dell’era Plus, si vira verso le Rally1 ibride, ed è anche la fine del suo rapporto con Nicolas Gilsoul, lasciato a piedi prima di Montecarlo, non senza polemiche. Lo sostituisce Martijn Wydaeghe, doveva essere un part-timer in attesa di nomi più altisonanti, finirà per diventare Campione del Mondo pure lui.
Ogier nel frattempo decide di lasciare spazio ai giovani concedendosi solo qualche evento selezionato. Bene, allora possiamo cominciare a vincere? Niente affatto! Si abbatte un ciclone chiamato Kalle Rovanpera, cui si aggiunge ad una I20 Rally1 tremendamente deficitaria. I primi mesi sono complicati, le prestazioni non ci sono. Neuville non sa come risolvere i problemi, fortunatamente per lui il compagno di squadra si chiama Ott Tanak, superbo sviluppatore in passato di Ford Fiesta WRC Plus e successivamente affinatore di una scheggia chiamata Toyota Yaris. E’ lui a risolvere le “magagne” e rendere la vettura decente, l’unico a contrastare Rovanpera. Thierry riesce nell’impresa di buttare via la gara di casa ad Ypres. Dovrà aspettare l’Acropoli per vincere, ma esploderà la guerra casalinga con Tanak causa ordini di scuderia. L’estone va dallo Zio, se ne va pure Solberg, una polveriera. Stesso racconto nel 2023: Rovanpera fa quello che vuole, Evans resta l’unico in grado di rendergli la vita un pò più difficile, ma l’uscita al CER regala il titolo bis al finlandese. Neuville è nuovamente terzo, con tanto rammarico in più ed un Craig Breen in meno.
Il 2024 si apre con un terremoto: niente Ogier, ma anche Rovanpera si prende una pausa. O la va o la spacca. La macchina è matura, le condizioni per vincere ci sono tutte. Tanak è di nuovo in Hyundai e primo rivale per il titolo. Si parte, si vince Montecarlo e si vola in testa alla classifica. Il resto è storia, una lunga storia che si è conclusa nella notte italiana, con la conquista del tanto agognato titolo, dopo un viaggio nel WRC durato a lungo e condito da 21 vittorie iridate. Il brutto anatroccolo diventa cigno, un cigno vincente.
Uno titoli, come dicevamo all’inizio.
Ora per lui arriva il bello ed il difficile. Servirà un’altra stagione egregia per riconfermarsi. Tanak tornerà alla carica, il fenomeno Rovanpera è pronto ad assumere la guida del team Toyota. Ogier non farà mancare la sfida a Montecarlo, le nuove gomme, le nuove vetture Rally1 alleggerite ma senza ibrido. Tante incognite, una sola certezza: non bisogna mollare mai, così nella vita come nel WRC, questo è l’insegnamento più grande che ci lascia questo pazzo belga.
Ah, mi hai fatto piangere stamattina. Vederti abbracciare tua figlia al traguardo mi ha fatto venire in mente mio padre, perchè certi affetti e certi momenti ahimè non me li posso più godere. Mai mi sarei aspettato che Montecarlo sarebbe stata l’ultima gara vissuta con lui al mio fianco prima di doverlo salutare per sempre. C’ero andato vicino anche al CER quando ho scattato questa foto che chiude l’articolo, ma in quel caso ero stato forte. Questo giro proprio non sono riuscito a resistere.
Grazie per le emozioni, grazie per le sofferenze. Complimenti Thierry, sei Campione del Mondo